Museo/Monumento
Chiesa di San Massimo - Borghetto
Nel cuore della campagna dell'Alta Padovana, sul crocevia dei
comuni di Villa del Conte, San Martino di Lupari e Santa Giustina in Colle si
trova Borghetto, una località ricca di storia e di testimonianze giunte
da un lontano passato.
Il fulcro storico di questa località è rappresentato dall'oratorio
di S. Massimo, in passato meglio noto con il titolo di S. Rocco, che,
grazie all'interessamento del locale Comitato di Tutela della chiesa campestre,
è divenuto meta di nuove affascinanti scoperte e di una rilettura storica
e archivistica di prim’ordine.
La località è stata probabilmente interessata da culture preromane,
attirate dalla zona delle risorgive, come sembrano testimoniare le numerose
presenze di siti antropici nell'area, risalenti generalmente all'epoca del Bronzo
medio e recente, e i relitti toponomastici che riferiscono di castellieri e
terrapieni. Indubbio è, invece, l'inserimento di Borghetto nel processo
di romanizzazione della zona, come testimoniano il campionario di reperti dell'epoca
conservati all'interno dell'oratorio e i ritrovamenti di materiali fittili,
metallici e vitrei di epoca romana recuperati nel circondario di Borghetto.
E’ nei secoli successivi, però, che sono realizzati i primi importanti
e originali reperti archeologici rintracciati ad Abbazia Pisani e Borghetto.
Gli scavi condotti all'interno dell'oratorio negli anni Settanta hanno, infatti,
permesso di recuperare vari reperti del nucleo culturale più antico del
luogo, con particolare riferimento a due rilievi singolari incisi sulla pietra,
noti con gli appellativi di agnello crucigero e orante. Questi e altri frammenti
conservati nel piccolo museo ricavato all’interno dell’oratorio
testimoniano, infatti, la presenza di una cultura artistica che si ispira alla
presenza dei Bizantini e dei Longobardi, nel periodo nel quale lo scisma Tricapitolino
stava lacerando il mondo cristiano.
Non è chiaro se in quell’arco di tempo, che oscilla fra il VII
e l’VIII secolo, esistesse già sul posto qualche costruzione o
piuttosto una semplice area sepolcrale, di certo esisteva un centro culturale
di probabile ispirazione ariana che, forse, insisteva su un nucleo culturale
precristiano dedicato a qualche divinità naturale.
Rientrato lo scisma Tricapitolino agli esordi dell’VIII secolo, fu assunto
come Santo titolare San Massimo di Cittanova d'Istria (lV secolo), e non San
Massimo di Padova, come si era ritenuto in passato, ricorrendo l'antica festa
dell'oratorio il 29 di maggio. La scelta di questo Santo si deve probabilmente
porre in relazione a quello della vicina S. Eufemia di Villanova (Abbazia Pisani),
a simboleggiare l'avvenuta riunifica con la chiesa di Roma e il declino dell’esperienza
longobarda in un territorio dove lo scontro fra l'arianesimo e il cattolicesimo
dovette essere particolarmente duro. Di quel periodo travagliato rimangono non
solo i reperti custoditi all'interno dell'oratorio, ma anche quelli coevi rintracciati
all'inizio del Novecento nella vicina chiesa di Abbazia Pisani, nonché
alcuni toponimi documentati ma scomparsi, come la località Braida (Restello).
Il periodo che segue non ci offre indizi fino a quello compreso fra il X e l'Xl
secolo, quando inizia ad esistere l'attuale oratorio, sebbene di dimensioni
più ridotte e spostato nel settore orientale che fa capo all'abside.
E’ l'epoca nella quale la chiesa campestre entra nella storia ufficiale
dei documenti, passando alle dirette dipendenze dell'abbazia di San Pietro e
Sant'Eufemia di Villanova per donazione dei capostipiti degli Ezzelini e dei
Camposampiero (29 aprile 1085), che, nello stesso periodo, possedevano nella
sola Pieve di S. Martino di Lupari almeno il 70% delle cappelle esistenti. In
quel periodo, infatti, la zona sulla quale si trova l'oratorio era di pertinenza
sacramentale dell'Arciprete di S. Martino di Lupari, pur appartenendo territorialmente
ai Camposampiero e agli Ezzelini, e si divideva in cinque microlocalità
ben distinte: Scandolara, Isola, lsoletta, Borgo Allocco e Borghetto. Dal 1085
l'oratorio di San Massimo, con tutto il circondano, dipese sempre dalla vicina
abbazia di San Pietro e Sant'Eufemia di Villanova (Abbazia Pisani). I curati
di San Massimo erano eletti personalmente dagli abati pro tempore e convocati
spesso come testimoni in occasione delle investiture dei numerosi vassalli dell'abbazia,
fra i quali compaiono anche numerosi personaggi residenti od oriundi dal territorio
borghettano, con alcune famiglie particolarmente in vista come i Maggiore, i
Da Isola e i Todesco.
La presenza di un corso d'acqua di rilievo come il Vandura, che nonostante le
rettifiche Ottocentesche, passa ancora a breve distanza dall'oratorio, permise
la nascita medioevale di almeno due impianti per la molitura, posti in prossimità
di San Massimo, ponendo di fatto la piccola chiesa al centro di un vasto territorio
spirituale ed economico. Fra il Trecento e il Quattrocento si assiste ad una
cospicua scalata latifondista da parte di nobili padovani e personaggi della
borghesia cittadellese, fra i quali incontriamo personaggi famosi come i Lemizzi
e gli Scrovegni, gli Ovettari e i Caponegro. Ma ormai si è prossimi ad
un repentino cambiamento della storia dell’oratorio e del territorio borghettano
perchè, nel 1444, muore Giovanni di Gerardo degli Umiliati di Bologna,
ultimo abate di San Pietro e Sant'Eufemia, col quale termina per sempre l'esperienza
benedettina cluniacense nella zona.
Dal 1444 al 1772 si succedettero ben diciannove abati commendatari, eletti direttamente
dai pontefici, e l'oratorio dipese da questi alti dignitari ecclesiastici, quasi
tutti cardinali, che si preoccuparono solamente di assicurare un sacerdote curato
per la popolazione e di centellinare qualche contributo finanziario per i restauri
dell'edificio. In seguito all'accurata visita pastorale del vescovo trevigiano
Giorgio Cornelio Corner, avvenuta nel settembre 1573, la chiesa e la cura spirituale
furono trovate in uno stato deplorevole, inducendo il commendatario Vincenzo
Giustiniani non solo a fare riparare l'oratorio e l'annessa casa del curato,
ma anche a tentare di migliorare la cura pastorale, affidandola non più
ad ordini mendicanti, bensì a clero regolare. Di questo periodo sono
da segnalare alcuni importanti avvenimenti: il prolungamento dell'oratorio verso
occidente, di circa un terzo, negli anni 1573-78, con la realizzazione dell'attuale
configurazione alla chiesa campestre e l'esecuzione dell'affresco del Cristo
in mandorla, eseguita nello stesso periodo dal maestro Lazzaro da Riva di Salò.
Nei decenni successivi la situazione che si presenta ai presuli trevigiani in
visita non cambia, motivo per cui, all'inizio del '600, si decide di affidare
la cura spirituale della popolazione di Borghetto ed Abbazia Pisani al parroco
di Tombolo, con inevitabili proteste e controversie. Nel 1742 il cardinale commendatario
Alessandro Furietti si segnala per un tentativo di innalzare le chiese di Abbazia
Pisani e Borghetto al rango di curaziali, ma inutilmente perché il successore
e ultimo abate commendatario, il cardinale Alvise Priuli, si oppose accanitamente
al progetto che avrebbe limitato le entrate finanziarie provenienti dalle due
località. Nel 1772 il cardinale Priuli muore offrendo la possibilità
al senato veneziano di portare a termine il disegno accarezzato da molto tempo
di sopprimere l'abbazia e di incamerarne tutte le rendite e le tenute agrarie.
Nello stesso anno della cessazione della commenda l'oratorio di San Massimo
seguì il destino dell'abbazia di San Pietro e Sant'Eufemia, con la soppressione
e la successiva vendita all'asta di tutta la tenuta abatina.
Ha così inizio l'epoca dei giuspatroni laici, inaugurata dal nobile veneziano
Giuseppe Meratti, e seguita con le famiglie camposampierine Sangaletti, Mogno
e Cosma, fino al prolungato periodo di controllo da parte della direzione dell'ospedale
civico di Camposampiero, che terminerà solamente negli anni Venti del
XX secolo con la vendita degli immobili all'ultimo giuspatrono laico, il cav.
Romano Trevisan. Dalla fine del Settecento l'oratorio di San Massimo è
progressivamente abbandonato e i giuspatroni di turno non intendono sobbarcarsi
le spese di restauro, nonostante i reiterati solleciti da parte della curia
vescovile di Treviso.
L'abbandono di San Massimo, che nel frattempo aveva acquisito il tardo titolo di San Rocco, a motivo della fama del Santo, considerato taumaturgo contro le
malattie infettive, divenne quasi definitivo in seguito all'erezione della curazia
di Borghetto (1932) e più ancora dopo la costruzione della chiesa parrocchiale
di Borghetto (1945), a seguito di un fallito tentativo di ampliamento sul versante
meridionale dell'oratorio che ha lasciato tracce evidenti di manomissioni negli
anni Trenta.
Solamente negli anni Settanta iniziò un primo tentativo
di recupero da parte del parroco don Emilio Spagnolo, ma è solo dal 1985
che inizia una sensibilizzazione diffusa che porterà alla creazione, nel 1988, di un Comitato per la tutela e salvaguardia dell'oratorio. Da allora
è stato tutto un susseguirsi di interventi di restauro e valorizzazione
dell'edificio che hanno permesso, fra le altre cose, la pubblicazione nel 1999
della storia di Borghetto e nel 2003 la realizzazione del museo all'interno
dell'oratorio.
Per informazioni e visita al museo, telefonare preventivamente al numero
346 0510793(custode) o al 338 8731570 (presidente). Testo a cura di Paolo Miotto.
Responsabile/Direttore: Parroco Don Bertollo e Presidente Comitato di Tutela.
Periodi e orario di apertura:
Apertura: ogni seconda domenica del mese con orario 10:00 - 12:00/15:00 - 18:00.
Ogni mercoledì su richiesta.
Il 29 maggio, giorno del patrono, e dal 7 al 16 agosto il museo e' aperto con orario 14:30 - 18:00.
Orari apertura festività:
6 gennaio 14:30 - 18:00
1 maggio 14:30 - 18:00
2 giugno 14:30 - 18:00
15 agosto 14:30 - 18:00
1 novembre 14:30 - 18:00
8 dicembre 14:30 - 18:00.