Storia del Comune

La civiltà veneziana di Terraferma, con i suoi quasi quattro secoli di storia, ha lasciato un ricco patrimonio storico, artistico e culturale, ancor oggi ben riconoscibile in molte località.
Gli elementi che accomunano la presenza della Serenissima in Terraferma, sono rappresentati spesso dall'acqua e dalla viabilità. Si tratta di due fattori d'interesse primario per l'economia e lo sfruttamento agricolo del territorio che anche a Villa del Conte hanno avuto il loro peso. L'attrazione esercitata dal fiume Tergola nei confronti del patriziato veneto è d'antica data, infatti, almeno dal Trecento si riscontrano interessi economici in zona, tuttavia è dal secolo successivo che la "conquista" comitense da parte della nobiltà veneziana si fa più rilevante. Il fiume, infatti, permette spostamenti rapidi e poco dispendiosi delle mercanzie, ma soprattutto l'attivazione di vere e proprie imprese economiche legate all'acqua, come i mulini, i folli da panni, le pile da riso e i magli per il ferro.
I terreni perennemente umidi a causa della linea delle risorgive sono poco fertili, ma proprio per questo più economici da acquistare e adatti agli investimenti considerati a rischio, come la coltura del riso, un cereale particolarmente pregiato e redditizio, seppure avversato dalle autorità venete, che avrà molta fortuna a Villa del Conte e nei paesi limitrofi fino all'Ottocento.
La presenza veneta nella Terraferma si può "leggere" almeno su due differenti registri: la trasformazione del territorio (strade, canalizzazioni, ripartizioni agrarie, sfruttamento delle zone boschive e dell'energia idrica), che il più delle volte passa inosservata, pur rappresentando la vera "rivoluzione" storica ed economica del paesaggio; l'edificazione di palazzi signorili e ville dominicali, che rappresentano indubbiamente l'aspetto più evidente, anche se non il più rappresentativo, del periodo veneziano.
Il breve excursus cronologico che segue, si sofferma sui palazzi nobili presenti in paese, ricordando che quelli rimasti sono solamente una parte degli edifici domini- cali esistiti nei secoli passati.L’abbazia vista da sud 1950 - 1960
I più antichi palazzi dominicali veneziani presenti a Villa del Conte sono quelli fatti edificare dalle famiglie Dolfin e Morosini. Il primo edificio è documentato fin dal primo Cinquecento con l'aggettivo "dominicale", ed è da ascrivere molto probabil mente a Girolamo Dolfin, che lo circonda con 17 campi adibiti a frutteto e cortile.
Sappiamo che accanto a Girolamo, negli stessi anni era presente in paese un altro ramo familiare, rappresentato da Piero e Alvise Dolfin, che possedeva ben 400 campi.
Fra la seconda metà del Quattrocento e il secolo successivo, i vari rami Dolfin rie scono a monopolizzare, con i loro acquisti, tutto il centro di Villa del Conte e oltre, entrando in possesso anche dei pochi esercizi pubblici esistenti. Per rendere ancora più ufficiale la loro presenza, i Dolfin fanno affrescare la facciata del palazzo rivolta verso la strada e danno esecuzione all'oratorio intitolato a S. Nicolò, che si trovava dove fino a poco tempo fa esisteva la farmacia del paese. Il 30 maggio 1835 Leonardo Dolfin lascia definitivamente il paese alienando tutte le sue proprietà all'emergente famiglia degli Zara.
I Morosini sono documentati con proprietà a Villa del Conte fin dalla seconda metà del Quattrocento, mentre il loro palazzo (ora Carlon) è documentato fin dal 1509.
Negli stessi anni un ramo della famiglia, detto della "Tressa", si spostava a Sant'Anna (Morosina), dove istituiva una vera e propria contea grazie alle concessioni del signore di Cittadella Pandolfo Malatesta. La potenza economica raggiunta dai rami familiari comitensi e di Sant'Anna è incredibile, tanto che all'inizio del '600, nella sola Villa del Conte, i Morosini erano proprietari di oltre 500 campi, monopolizzando assieme ai Dolfin la quasi totalità del paese e gli stessi abitanti del luogo.
Dopo tre secoli di potere indiscusso, anche Morosini lasciano il paese all'inizio del XIX secolo cedendo gran parte delle loro sostanze ai Calbo Grotta.
All'inizio del XVII secolo giunge in paese anche la famiglia dei Lion, che si fa erigere il palazzo in prossimità del settore orientale di Palazzo Morosini, assieme all'oratorio ancora esistente dedicato ai Santi Pietro e Paolo. Purtroppo il palazzo, che fu abitato anche dal Vescovo di Ceneda Pietro Lion, passò prima ai Calbo Grotta e in seguito, verso il 1826, al nobile Vincenzo Venier che lo declassò al rango di "uso rurale", provocandone la successiva demolizione.
Sul versante orientale del paese si trovano altri due edifici dominicali: Palazzo Sanudo, poi divenuto Rezzonico, Foscarini, Piacentini, e Palazzo Tommasini-Zara-Todesco. La Piazza Vittoria A dispetto delle apparenze, Palazzo Sanudo non è un edificio antico, essendo stato realizza- to poco prima della metà del Settecento per volontà dei coniugi Francesco Sanudo e Maria da Mosto. Il primo documento che testimonia la sua esistenza, infatti, risale al 1748, quando il vescovo vicentino autorizzava l'erezione di un oratorio privato annesso all'edificio. Fra il 1826 e il 1836 il palazzo era ceduto ad Elisabetta Foscarini e nello stesso secolo passava ai Piacentini. Quest'ultimi lasciarono l'edificio alla parrocchia di Villa del Conte, prima della definitiva alienazione a privati.
Nelle vicinanze si trova Palazzo Tommasini-Todesco. Nella versione attuale è un fabbricato riedificato verso il 1891 dalla famiglia Zara, dopo che n'era entrata in possesso all'inizio dell'Ottocento decidendo l'abbattimento del precedente edificio settecentesco. Gli ultimi due edifici dominicali da ricordare sono quello semidistrutto dei Pasqualigo in località Sega e il grandioso complesso edilizio che si trovava ad Abbazia Pisani. Quest'ultimo era stato fatto innalzare dai padovani Capodilista nella seconda metà del '400, in località Restello, divenendo la sede della contea Capodilista-Soranzo fino al XIX secolo, quando gli eredi Emo-Capodilista cedettero la proprietà che, verso il 1910, fu adibita a cava di materiali da costruzione.

torna all'inizio del contenuto